IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1092/1987 reg.
 gen., proposto dai signori Caggiano Plinio e Tabano Wilma,  i  quali,
 giusta  mandato a margine, sono rappresentati e difesi dagli avvocati
 Antonio Brancaccio e Giuseppe  Lanocita,  nello  studio  del  secondo
 elettivamente  domiciliati  in Salerno alla via Roma n. 61, contro il
 prefetto pro-tempore della  provincia  di  Salerno,  rappresentato  e
 difeso   dalla   avvocatura  distrettuale  dello  Stato  in  Salerno,
 domiciliata ex lege, e nei confronti del Ministero degli interni,  in
 persona  del  Ministro  pro-tempore,  non  costituito,  della regione
 Campania,  in  persona  del   presidente   della   giunta   regionale
 pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dalla  avvocatura  regionale,
 presso la quale domicilia per la carica in napoli, alla via S.  Lucia
 n.  81,  del  dott.  Sansone  Emiddio,  quale commissario prefettizio
 presso  la  u.s.l.  n.  53  in  Salerno,   rappresentato   e   difeso
 dall'avvocatura  dello  Stato,  con  intervento  adesivo di D'Aniello
 Ennio, rappresentato - in forza di mandato  a  margine  dell'atto  di
 costituzione  in  giudizio  -  dagli avv.ti Eugenio Cannada Bartoli e
 Gaetano Paolino, con i quali domicilia elettiamente in Salerno,  alla
 via Roma n. 61, e di Rainone Mario, rappresentato e difeso - in forza
 di mandato a margine dell'atto di costituzione in  giudizio  -  dagli
 avv.ti  Giovanni Motzo e Francesco Lanocita, nello studio del secondo
 elettivamente domiciliato in  Salerno,  alla  via  Roma  n.  61,  per
 l'annullamento  previa  sospensiva, del decreto prefettizio 13 agosto
 1987 n. 13.9.1126/Gab., con il quale e' stata disposta la sospensione
 della  assemblea  dell'associazione  intercomunale  e del comitato di
 gestione della u.s.l. n. 53 di Salerno, e nominato  nel  contempo  il
 dott.  Emiddio  Sansone  commissario  prefettizio  per la provvisoria
 gestione della u.s.l.; in  una  agli  atti  presupposti,  connessi  e
 conseguenti.
    Visto il ricorso ed i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio della avvocatura dello
 Stato, dell'avvocatura regionale e dei predetti intervenienti;
    Vista  la  ordinanza  della  sezione,  27  agosto  1987,  n.  510,
 confermata in appello con ordinanza del Consiglio di Stato  4a  sez.,
 24 novembre 1987, n. 703;
    Viste le memorie prodotte dalle parti, a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Udita  alla pubblica udienza dell'8 febbraio 1990 la relazione del
 cons. Orrei;
    Uditi  altresi',  per  le parti, l'avv. Gaetano Paolino, per se' e
 con delega degli  avv.ti  Lanocita,  e  l'avv.  dello  Stato  Roberto
 Gugliucci.
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  ricorso  notificato il 24 agosto 1987 - unitamente al decreto
 presidenziale di abbreviazione dei termini,    ex  art.  36  r.d.  17
 agosto 1907, n. 642 - e depositato in segreteria il 26 succ. i sig.ri
 Plinio Caggiano e Wilma Tabano, componenti del comitato  di  gestione
 della u.s.l. n. 53 di Salerno, impugnavano chiedendone l'annullamento
 con contestuale  domanda  incidentale  di  sospensiva  -  il  decreto
 prefettizio  indicato  in  epigrafe,  con  cui  era stata disposta la
 sospensione dell'assemblea della  associazione  intercomunale  e  del
 comitato  di  gestione  della detta u.s.l., nominando nel contempo il
 vice prefetto dott. Emiddio Sansone quale commissario prefettizio per
 la provvisoria gestione della u.s.l.
    I  ricorrenti  rappresentavano  che  l'assemblea aveva respinto il
 bilancio di previsione per l'anno  1987,  proposto  dal  comitato  di
 gestione;  e che il comitato regionale di controllo aveva nominato un
 commissario per l'approvazione del suddetto  documento  contabile,  a
 norma  dell'art.  21 della legge regionale n. 26/1986. In conseguenza
 di cio', il prefetto aveva iniziato il procedimento  di  scioglimento
 degli  organi  dell'ente,  disponendo  -  con  l'atto  impugnato - la
 sospensisione dei medesimi.
    Questi i motivi dedotti, a fondamento dell'impugnativa;
    1.  - Violazione dell'art. 36 della legge regionale n. 57/1980 che
 attribuirebbe alla regione il controllo sugli organi della u.s.l., in
 coerenza  con  la legge regionale n. 29/1986 e con gli art. 117 e 118
 della Costituzione,  che  affidano  alle  regioni  la  materia  della
 sanita';  art.  36  che  comunque  non  sarebbe stato impugnato dalla
 Presidenza  del   Consiglio   dei   Ministri   davanti   alla   Corte
 costituzionale;
    2.  -  Violazione della legge regionale n. 26/1986 e dell'art. 305
 del t.u.  n.  383/1934,  ed  eccesso  di  potere  per  sviamento:  al
 procedimento  previsto  dal  citato art. 21, in relazione alla nomina
 del commissario, non  potrebbe  collegarsi  il  procedimento  fissato
 dall'art.  305, modificato dall'art. 4 della legge n. 968/1969, norma
 non applicabile alle u.s.l.;
    3.  -  Violazione  dell'art.  49  della legge n. 833/1978, e degli
 artt. 13, 25 e 27 del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
 616/1977,  poiche'  da  tali  norme non potrebbe ricavarsi - anche in
 assenza del citato art. 36 - che  il  controllo  sugli  organi  delle
 u.s.l. spettasse allo Stato e non alle regioni;
    4.  -  Violazione  dell'art.  323 del t.u. n. 148/1915, modificato
 dall'art. 105 del r.d. n. 2389/1923, ed eccesso di potere per difetto
 del  presupposto  e di motivazione: per farsi luogo alla applicazione
 dell'art. 105 mancherebbero sia i motivi di ordine  pubblico  sia  le
 persistenti  violazioni  di  obblighi  imposti  dalla  legge  sia  il
 "richiamo" nelle forme legali.
    In   data  26  e  27  agosto  1987  si  costituivano  in  giudizio
 l'avvocatura  dello   Stato   e   l'avvocatura   regionale;   nonche'
 dispiegavano  intervento  adesivo  i sig.ri D'Aniello Ennio e Rainone
 Mario,  rispettivamente  presidente  e  componente  del  comitato  di
 gestione della u.s.l. n. 53.
    Con  ordinanza  del  27,  n. 510, la sezione accoglieva la domanda
 incidentale di  sospensiva;  pronuncia  confermata  in  appello,  con
 ordinanza del Consiglio di Stato 4a sez., 24 novembre 1987, n. 703.
    La  difesa attrice e quella resistente depositavano altre memorie,
 in data 27 gennaio 1990; la prima ribadiva i motivi di ricorso, e  la
 seconda  contestava  le  censure proposte, concludendo per il rigetto
 del ricorso, ed in subordine eccepiva l'illegittimita' costituzionale
 del citato art. 36.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    (Paragrafo)  1.  - Ad integrazione di quanto esposto in narrativa,
 deve precisarsi che  l'impugnato  decreto  del  prefetto  di  Salerno
 dispone     la    sospensione    dalle    funzioni,    dell'assemblea
 dell'associazione intercomunale e  del  comitato  di  gestione  della
 u.s.l.  n.  53,  sul  presupposto  che tali organi si sono dimostrati
 "incapaci di ottemperare ad un preciso adempimento  prescritto  dalla
 legge,  di  carattere  essenziale  ai  fini  del  funzionamento della
 amministrazione", in relazione alla mancata approvazione del bilancio
 di  previsione  dell'ente  per  l'anno  1987, approvazione precedente
 conclusa  dal  commissario  ad  acta,  che  era  stato  appositamente
 nominato dal comitato regionale di controllo in Napoli.
    I   ricorrenti   Caggiano   e  Tabano  fanno  valere  in  giudizio
 l'interesse  collegato  al  jusad  officium,  quali  componenti   del
 predetto comitato di gestione, menomato dalla sospensione prefettizia
 in attesa dello scioglimento da operarsi con decreto  del  Presidente
 della Repubblica.
    Sul piano della legittimita' ordinaria, sono infondati il secondo,
 il terzo ed il quarto motivo di ricorso.
    In  ordine  logico,  deve  precedere  l'esame del terzo motivo, il
 quale contesta che l'art. 49 della legge 23  dicembre  1978,  n.  833
 (legge   istitutiva   del  Servizio  sanitario  nazionale)  configuri
 l'applicabilita' alle u.s.l., dello stesso tipo di controlli cui sono
 soggetti  gli  enti  locali. i ricorrenti sostengono che dal testo di
 tale norma (quindo comma: "le  modificazioni  apportate  in  sede  di
 riordinamento delle autonomie locali alla materia dei controlli sugli
 atti e sugli  organi  dei  comuni  e  delle  province,  si  intendono
 automaticamente estese ai controlli sulle u.s.l.") non si desumerebbe
 ne' l'ordetta applicabilita' ne' che il controllo sugli organi spetti
 allo Stato.
    Siffatta  conclusione  non  sembra  peraltro  sorretta  da  alcuna
 specifica argomentazione, salvo quella che si riferisce sommariamente
 agli artt. 13, 25 e 27 del decreto del Presidente della Repubblica 24
 luglio   1977,   n.   616,   laddove   attribuiscono   alla   regione
 "l'istituzione,   i   controlli,   la   fusione,  la  soppressione  e
 l'estinzione di enti pubblici locali, operanti nelle materie  di  cui
 al  presente  decreto",  e quindi anche delle u.s.l. come enti locali
 operanti nell'ambito della assistenza sanitaria.
    Ma deve obbiettarsi che il trasferimento di competenze dallo Stato
 alle regioni deve pur  sempre  avvenire  nel  rispetto  dei  principi
 costituzionali,  come  meglio  si  vedra'  in seguito; e che, tra due
 interpretazioni possibili in  astratto,  il  giudice  deve  scegliere
 quella costituzionalmente legittima.
    Per  il  momento,  occorre anzitutto rilevare che il citato quinto
 comma va letto in consonanza con il primo comma dell'art. 49, secondo
 cui  "il  controllo  sugli  atti  delle  u.s.l.  e' esercitato... dai
 comitati regionali di controllo di cui  all'art.  55  dela  legge  10
 febbraio  1953,  n.  62..." con esplicito richiamo alla forma ed alle
 modalita' del controllo sugli atti dei comuni e delle province.
    Inoltre,   per   confutare   la   detta  argomentazione  di  parte
 ricorrente,  e'  sufficiente  richiamare  la  sentenza  della   Corte
 costituzionale  5  novembre  1984, n. 245, la quale sul punto afferma
 esplicitamente (cfr. (Paragrafo) 10 lett. b) che  i  controlli  sugli
 atti  e  sugli  organi  delle  u.s.l.  seguono  puntualmente, in base
 all'espresso disposto del citato art.  49,  secondo  comma  (divenuto
 quinto  comma,  per  effetto delle modifiche apportatevi dall'art. 13
 della legge n. 181/1982, dall'art.  16  della  legge  n.  638/1983  e
 dall'art.  17  della  legge n. 887/1984), le sorti dei corrispondenti
 controlli relativi ai comuni ed alle province, con la conseguenza che
 i  soli controlli sugli atti spettano agli appositi Co.Re.Co., mentre
 i controlli sugli organi rientrano nella competenza dello  Stato.  Il
 che  peraltro  presuppone,  con estrema chiarezza, che il quomodo dei
 controlli sugli enti locali  deve  essere  nell'attualita'  parimenti
 applicato agli enti sanitari.
    (Paragrafo)  2.  -  Con  il  secondo ed il quarto motivo si deduce
 rispettivamente la violazione dell'art. 21 della legge  regionale  18
 agosto 1986, n. 26, e dell'art. 305 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, da
 un verso, e, dall'altro, dell'art. 323 del t.u. 4 febbbraio 1915,  n.
 148,  modificato  dall'art.  105  del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839,
 oltre l'eccesso di potere sotto vari profili.
    La  prima  di  queste  censure nega che dal controllo sostitutivo,
 posto in essere dal Co.Re.Co. - ai sensi dell'art. 21  citato  -  per
 l'approvazione  del  bilancio  preventivo  dell'u.s.l., scaturisca la
 esigenza di procedere allo scioglimento degli organi dell'ente.
    Il collegio osserva pero' in contrario che il terzo e quarto comma
 dell'art. 305  del  t.u.  3  marzo  1934,  n.  383,  come  modificati
 dall'art.   4  della  legge  22  dicembre  1969,  n.  964,  prevedono
 espressamente che, ove i consigli comunali o provinciali non riescano
 ad  approvare  il  bilancio  entro i termini di legge "il prefetto si
 sostituisce per l'approvazione del  bilancio...  e  si  procede  allo
 scioglimento dei consigli stessi a norma di legge".
    La decadenza degli organi, quindi, e' un effetto indefettibile per
 la u.s.l., che si sia rivelata non in grado di adempiere  a  siffatto
 incombente fondamentale per la gestione dell'ente.
    Vero  e'  che in forza dell'art. 21 la competenza, alla nomina del
 commissario per il  predetto  adempimento  a  carattere  finanziario,
 spetta  ora alla regione; mentre l'art. 19 del t.u. n. 383/1934 (art.
 modificato dalla legge 8 marzo 1949, n. 277)  conferiva  al  prefetto
 anche  il potere dell'invio dei commissari, presso le amministrazioni
 locali, per il compimento  degli  atti  obbligatori  per  legge,  che
 queste   avessero   omesso  o  ritardato,  nonche'  per  la  reggenza
 temporanea delle amministrazioni stesse, comunque impedite al normale
 funzionamento.
    Tuttavia  trattasi  attualmente, nei riguardi delle u.s.l., di una
 competenza ripartita, fra il presidente della giunta regionale ed  il
 prefetto,  la  quale  non modifica in nulla il principio generale, di
 cui la norma in esame costituisce un imprescindibile  corollario:  il
 controllo  sugli  organi delle u.s.l. spetta allo Stato, nello stesso
 modo in cui spetta allo Stato il controllo sugli organi  dei  comuni,
 delle province e degli altri beni locali.
    (Paragrafo)  3.  -  Con  l'altra  censura,  si  denuncia  che alla
 fattispecie in esame non sarebbe applicabile l'art. 105 del r.d.   30
 dicembre   1923,   n.   2839,  richiamato  invece  dal  provvedimento
 prefettizio impugnato, norma che - modificando l'art. 323 del r.d.  4
 febbraio  1915,  n.  148 - detta una disciplina procedimentale per le
 ipotesi  di  scioglimento  e  sospensione  dei  consigli  comunali  e
 provinciali:  per  gravi motivi di ordine pubblico o per inosservanza
 degli obblighi loro imposti dalla legge, alla  cui  osservanza  siano
 stati  "richiamati",  detti  consigli  vanno  sciogli con decreto del
 Presidente della Repubblica, ed in attesa del decreto di scioglimento
 il   prefetto   puo'   sospenderli   provvedendo   alla   provvisoria
 amministrazione, per non oltre due mesi: e' evidente  quindi  che  il
 prefetto, con l'atto qui gravato, ha fatto applicazione di tale norma
 al  caso  di  specie,  in  funzione  della  piu'   volte   richiamata
 estensibilita'  (cfr.  Consiglio di Stato 4a sez., 28 giugno 1988, n.
 554).
    I  ricorrenti  viceversa sostengono l'inapplicabilita' delle norme
 citate, sopratutto sul presupposto che sarebbe  mancato  il  doveroso
 "richiamo",   per   l'approvazione  del  bilancio,  con  la  puntuale
 comminatoria di scioglimento, obbligatoria - a loro dire - anche  per
 l'art. 305 del t.u. n. 383/1934.
    L'assunto  e'  inesatto.  Ed  invero,  in  primo luogo, la diffida
 risulta    notificata    a    ciascun    componente    dell'assemblea
 dell'associazione   intercomunale,   da   parte  del  Co.Re.Co.,  con
 l'espressa avvertenza che "decorso infruttuoso l'ulteriore termine di
 venti  giorni  dalla  ricezione  della  diffida  stessa,  l'eventuale
 inadempienza avrebbe comportato la nomina del commissario ad acta per
 l'approvazione  del  bilancio",  completata - come afferma il decreto
 del Co.Re.Co., di nomina del commissario  dott.  Pennino,  28  luglio
 1987,  n. 168/86/R - con l'avviso della "segnalazione alla competente
 prefettura per i provvedimenti successivi e conseguenziali,  previsti
 dal  legislatore":  cio'  che  dimostra  altresi'  che anche l'organo
 regionale di controllo era  convinto  del  tipo  di  conseguenze  che
 sarebbero  derivate dalla persistente inadempienza degli organi della
 u.s.l.
    In   secondo   luogo,   nelle   norme  citate  si  fa  riferimento
 all'obbligatorio "richiamo",  ma  non  si  fa  cenno  alcuno  ad  una
 comminatoria,  quale  pretesa  dai  ricorrenti.  Gia'  nel  1980,  il
 Consiglio di Stato (parere 2a sez., 6 febbraio 1980, n. 1304, in  "Il
 Cons.  di  Stato"  1982, 1a, pag. 1056), nell'affermare che gli artt.
 323 e 324 del t.u. n.  148/1915  sono  espressione  di  un  principio
 generale  applicabile  ad  altri  enti pubblici, significava che, per
 quanto concerne il procedimento da seguire per lo scioglimento  e  la
 contestuale  nomina  del  commissario,  trattandosi  di provvedimento
 sanzionatorio, questo deve essere preceduto,  in  base  ai  principi,
 dalla  sola  contestazione degli inconvenienti rilevati, accompagnata
 dall'invito ad  eliminarli,  rimasto  senza  seguito:  la  successiva
 incidenza  sulla  vita degli organi dell'ente, quindi, ne costituisce
 un  effetto  legale,  il  quale,  non  postulando  alcuna   ulteriore
 manifestazione  di discrezionalita' da parte dell'organo titolare del
 controllo, non abbisogna nemmeno di una specifica formale avvertenza.
    (Paragrafo)  4.  -  Anche  infondata e' un'altra censura, proposta
 dall'interveniente ad adiuvandum, dott. Ennio  D'Aniello,  presidente
 della  u.s.l. n. 53, che si esamina per completezza di motivazione, a
 prescindere dalla dubbia ammissibilita' di  questo  intervento,  come
 dell'altro,  pure  adesivo,  dispiegato dal sig. Mario Rainone, nella
 qualita' di componente del comitato di gestione dello stesso ente.
    A  parte che nessuno dei due atti di intervento risulta notificato
 alla regione Campania, certamente parte necessaria  nel  giudizio  de
 quo,  dato  che  la  regione  -  come  anche gli stessi intervenienti
 sostengono - sarebbe titolare di  un  potere  autonomo  di  controllo
 sugli  organi  della  u.s.l.,  che  l'impugnato  decreto  prefettizio
 avrebbe in sostanza illegittimamente conculcato;  a  parte  cio',  la
 posizione   giuridica   di  costoro  appare  identica  a  quella  dei
 ricorrenti Caggiano e Tabano, componenti  del  medesimo  comitato  di
 gestione, e quindi semmai doveva essere tutelata in giudizio mediante
 un ricorso principale, cui gli stessi sarebbero stati legittimati,  e
 non mediante un atto d'intervento, il quale viceversa presuppone come
 e' noto - l'esistenza di un interesse, nel soggetto attivo,  soltanto
 riflesso ed indiretto (cfr. da ultimo, Consiglio di Stato sez. 6a, 27
 maggio 1988, n. 725).
    Detta  censura  deduce l'eccesso di potere per illogicita', atteso
 che l'atto prefettizio aveva sospeso l'assemblea ed il  comitato,  ma
 non il presidente.
    Esattamente  l'avvocatura erariale rileva l'ininfluenza del motivo
 sulla legittimita' dell'atto impugnato: il  presidente  trae  la  sua
 investitura dall'assemblea e dal comitato di gestione, la sospensione
 dei quali paralizza l'attivita' dell'ente e, nel  contempo,  del  suo
 presidente,  poiche' tutte le funzioni di quest'ultimo sono collegate
 con quelle dei predetti organi, ai sensi dell'art. 15 della legge  n.
 833/1978  e  degli artt. 24 e 25 della legge regionale 9 giugno 1980,
 n. 57, nonche' dell'articolo unico della  recente  legge  15  gennaio
 1986,  n. 4, con la legge regionale di attuazione 3 novembre 1986, n.
 29. Le quali norme  non  conferiscono  al  presidente  alcun  compito
 particolare  ne'  alcuna competenza esclusiva, ma solo, come funzioni
 proprie,  quelle  di  presiedere   gli   organi   collegiali   e   di
 rappresentare all'esterno la u.s.l., nel suo complesso.
    Pertanto,   lo  scioglimento  degli  organi  collegiali  determina
 l'automatica decadenza anche  dell'organo  monocratico,  pur  se  non
 specificamente  considerato  nel  provvedimento prefettizio. Il quale
 non per questo puo' dirsi compromesso nella sua legittimita',  avendo
 perfettamente   raggiunto   il   suo   scopo   secondo  il  paradigma
 legislativo, senza peraltro pregiudicare in nulla i diritti di difesa
 di chi se ne reputa leso.
    (Paragrafo)  5  - Residua il primo motivo di ricorso, con il quale
 si denuncia che il decreto  prefettizio  avrebbe  violato  l'art.  36
 della  legge  regionale  n.  57/1980,  il quale - nel secondo comma -
 prevede  che  "in  caso   di   impossibilita'   di   costituzione   e
 ricostituzione  degli  organi  della  u.s.l., o di gravi inadempienze
 funzionali,  il  presidente  della  giunta  regionale,   sentita   la
 competente   commissione   permanente   consiliare   e   su  conforme
 deliberazione della giunta regionale, decreta lo  scioglimento  degli
 organi  della  u.s.l.  e  nomina  un  commissario  per  assicurare la
 regolarita' della gestione, sino all'insediamento  dei  nuovi  organi
 che dovra' avvenire entro sei mesi".
    La  censura e' articolata nel senso che, in linea di principio, la
 pateria  della  sanita',  compresi  i  relativi  controlli,   sarebbe
 affidata alla competenza legislativa ed amministrativa delle regioni,
 a norma degli  articoli  117  e  118  della  Costituzione;  e  quindi
 sussisterebbe  la  competenza regionale anche per quel che concerne i
 controlli sugli organi, principio questo che nella  regione  Campania
 troverebbe   il   suo   referente   legislativo   nella   surriferita
 disposizione dell'art. 36; la quale - non impugnata dal  Governo,  ex
 art.  127  della Costituzione - sarebbe perfettamente in linea con il
 principio suddetto.
    L'avvocatura  dello Stato ha sollevato in subordine l'eccezione di
 illegittimita'  costituzionale   della   citata   disposizione,   per
 contrasto  con  l'art.  117  della  Costituzione,  eccezione  che  il
 collegio condivide. Va chiarito pero' che  tale  eccezione  coinvolge
 puntualmente il solo secondo comma dell'art. 36, giacche' e' evidente
 che il primo comma ("In caso  di  inerzia  o  di  inadempienza  degli
 organi  dell'u.s.l.,  la  giunta regionale provvede alla nomina di un
 commissario per i necessari adempimenti") si riferisce a modalita' di
 attuazione  del  controllo sugli atti, che nella presente fattispecie
 non determinano alcun contrasto. D'altronde,  il  detto  primo  comma
 risulta  ormai  abrogato  dalla legge regionale 18 agosto 1986, n. 26
 ("nuova disciplina delle funzioni di controllo sugli atti degli  enti
 locali"),  che  attribuisce  il  controllo  sostitutivo sugli atti ai
 comitati regionali di controllo.
    Quanto  alla  rilevanza  sul  giudizio  in  corso,  della proposta
 questione, e quindi alla sua  ammissibilita',  deve  notarsi  che  la
 sorte  del  ricorso  in esame, a causa della ritenuta infondatezza di
 tutti i motivi di gravame sopra esaminati, resta collegata  a  questa
 ultima  censura:  effettivamente  l'art.  36  impedisce  al  prefetto
 l'esercizio  del  potere  manifestato,  nella  specie,   tramite   il
 provvedimento   impugnato,   il   quale   per   cio'  stesso  sarebbe
 inevitabilmente illegittimo.
    Deve  aggiungersi  ancora - sotto il profilo della rilevanza - che
 il collegio  non  condivide  l'argomentazione  esposta  dalla  difesa
 erariale  in via primaria, avverso detta censura; che cioe' l'art. 36
 della  legge  regionale  n.  57  dovrebbe  considerarsi   tacitamente
 abrogato,  ai  sensi  dell'art.  15 delle disposizioni preliminari al
 cod. civile, in forza dell'art. 11 della legge 11 novembre  1983,  n.
 638  (misure urgenti in materia sanitaria), il quale, posteriore alla
 legge regionale, avrebbe confermato  l'attribuzione  allo  Stato  dei
 controlli  sugli  organi delle u.s.l., cosi' vanificando il contrario
 precetto regionale.
    Ma il decimo comma di detto art. 11 modifica l'art. 13 della legge
 26 aprile 1982,  n.  181  (legge  finanziaria  1982),  nel  senso  di
 prevedere  un generale potere sostitutivo delle regioni nei confronti
 delle u.s.l., in materia  di  verifica  e  contenimento  della  spesa
 sanitaria,  in  relazione ad atti che debbano essere compiuti perche'
 discendenti o da  obblighi  normativamente  imposti  o  da  direttive
 adottate  nell'ambito  della  funzione  di  indirizzo e coordinamento
 (cfr. Corte costituzionale 10 giugno 1988, n. 613).
    In  conclusione,  trattasi di disposizioni pur sempre circoscritte
 al potere di controllo sugli  atti  -  che  e'  di  competenza  della
 regione  -,  e  quindi disomogenee, per contenuto e forma, rispetto a
 quella di cui si pretenderebbe verificata l'abrogazione.  Infatti  si
 ammette  in  via generale che il controllo sugli atti comprenda anche
 quello che si esercita sulla legittimita' della omessa emanazione  di
 uno di essi, allorquando sarebbe obbligatorio effettuarla, e comporti
 la    conseguente    sostituzione,    nell'esercizio    del    potere
 corrispondente, da parte dell'organo di controllo, a quello dell'ente
 rimasto inattivo (cfr. Corte  costituzionale  28  novembre  1972,  n.
 164).
   (Paragrafo)  6.  -  Quanto  alla  non  manifesta infondatezza delle
 questione,  occorre  premettere  che  la  circostanza  della  mancata
 impugnativa,  da  parte  del  Governo ex art. 127 della Costituzione,
 della norma regionale che qui si sospetta di incostituzionalita', non
 impedisce al giudice di sollevare - d'ufficio o su istanza di parte -
 la relativa questione, in via  incidentale,  nel  giudizio  in  corso
 (cfr. per un riferimento sul punto: Corte costituzionale, 19 febbraio
 1976, n. 38).
    Anzi,  nel  caso  di specie, la proposizione dell'incidente - come
 precisato dalla avvocatura erariale - appare piu'  che  mai  doverosa
 dato  che  "il  Governo aveva espresso il proprio assenso nell'intesa
 che la  regione  avrebbe  provveduto  a  modificare  l'art.  36,  che
 disciplina  il  controllo delle unita' sanitarie, in conformita' alla
 disciplina dei controlli sui comuni e province, richiamata  dall'art.
 49  della legge statale 23 dicembre 1978, n. 833" (v. agli atti: nota
 della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipart. aa. regionali 7
 settembre  1983,  n.  200/7806/41.3.23);  intesa,  a quanto pare, mai
 onorata.
    Nella  sostanza della questione, al collegio appare ragionevole il
 dubbio che la norma in argomento violi, in primo luogo, il  principio
 costituzionale risalente all'art. 117 della Costituzione, secondo cui
 alle regioni e' consentito di emanare norme legislative, anche  nella
 materia della assistenza sanitaria (che qui interessa) ma "nei limiti
 dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato".
    Orbene,  il  principio  fondamentale  stabilito  nella  materia in
 argomento da una legge dello Stato, e' quello del piu'  volte  citato
 art.  49,  primo e quinto comma, della legge n. 833/1978: la quale e'
 anzitutto una legge-quadro  che,  istituendo  il  Servizio  sanitario
 nazionale,   ha   attuato   una  radicale  riforma  economico-sociale
 dell'assistenza sanitaria in italia  (cfr.  Corte  costituzionale,  7
 aprile  1987, n. 107; 10 marzo 1988, n. 274). Ed il principio in essa
 sancito,  a  proposito  dei  controlli  sulle  u.s.l.,  si   discosta
 nettamente  dal  precedente  ordinamento  sanitario,  nell'ambito del
 quale i consigli d'amministrazione degli  enti  ospedalieri  potevano
 essere  sciolti  con  decreto  motivato  del presidente della regione
 previa deliberazione della giunta (art. 17 della legge n.  132/1968).
    Siccome  fortemente  innovativo del pregresso criterio, quello ora
 introdotto assurge certamente a dignita'  di  principio  qualificante
 della  riforma,  e  quindi fondamentale e di generale applicazione in
 ordine  al  riparto  tra  le  competenze  statali  e  regionali   sui
 controlli,  cui  le  regioni  non possono legittimamente derogare, ai
 sensi del richiamato art. 117, nemmeno con proprie norme legislative.
    In  secondo  luogo,  il  collegio  ritiene  che  il  secondo comma
 dell'art. 36 si ponga in contrasto, sotto un duplice  profilo,  anche
 con   il   combinato   disposto   degli  articoli  118  e  130  della
 Costituzione.
    Ed  invero, da un verso, l'intera materia dei controlli sugli enti
 locali, su tutti gli enti locali, non risulta  attribuita  ad  alcuna
 tra  le  competenze normative regionali (cfr. Corte costituzionale, 3
 marzo 1972, n. 40 - (Paragrafo) 9), ne' e' materia statutaria perche'
 chiaramente   non  rientrante  nella  "organizzazione  interna  delle
 regioni"  (art.  123  della   Costituzione),   ne'   puo'   ritenersi
 implicitamente  compresa  in  una  materia  piu' ampia (nella specie,
 l'assistenza sanitaria) tra quelle dell'art. 117, trattandosi  di  un
 tema  avente  grande rilevanza esterna, ed incidente sull'ordinamento
 giuridico  statale;  mentre  non  e'  concepibile  l'attribuzione  di
 specifiche   competenze   legislative   regionali   che   non   siano
 tassativamente  stabilite  nella  Costituzione  o  in   altre   leggi
 costituzionali;  ed  in  piu',  la  materia  di  questi  controlli e'
 costituzionalmente   protetta   dalla   riserva   di   "legge   della
 Repubblica",   di   cui   all'art.   130,  perfino  nella  formazione
 dell'organo, anche se definito "della regione", all'uopo deputato.
    D'altro  verso,  la  competenza  di  siffatto  organo regionale e'
 comunque limitata, ai sensi del citato art.  130,  al  "controllo  di
 legittimita' sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti
 locali", poiche' il potere di  disporre  la  decadenza  sanzionatoria
 dell'organo, o la surroga dell'organo temporaneamente carente del suo
 titolare (cioe', controllo sugli organi), e' espressione di un potere
 politico  di  sovranita'  che  la  Costituzione ha scelto di lasciare
 nella esclusiva competenza dello Stato.
    Orbene,  ad  avviso  del collegio, l'art. 36, secondo comma, della
 legge regionale n. 57, viola altresi' le ora richiamate  disposizioni
 costituzionali,   perche'   concerne   materia  sottratta,  in  linea
 generale, alla potesta' normativa regionale, ed in ogni caso  perche'
 intende  attribuire, in particolare, alla giunta regionale un tipo di
 controllo - quello sugli organi - che la Costituzione ha  escluso  in
 radice dalla tematica delle attribuzioni regionali (v. sentenza della
 Corte citata, n. 245/1984 e n. 613/1988).
    Per  le  esposte  considerazioni,  la  accennata  questione non e'
 manifestamente infondata, e pertanto occorre disporre la  sospensione
 del  giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.