IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1092/1987 reg. gen., proposto dai signori Caggiano Plinio e Tabano Wilma, i quali, giusta mandato a margine, sono rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Brancaccio e Giuseppe Lanocita, nello studio del secondo elettivamente domiciliati in Salerno alla via Roma n. 61, contro il prefetto pro-tempore della provincia di Salerno, rappresentato e difeso dalla avvocatura distrettuale dello Stato in Salerno, domiciliata ex lege, e nei confronti del Ministero degli interni, in persona del Ministro pro-tempore, non costituito, della regione Campania, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore, rappresentato e difeso dalla avvocatura regionale, presso la quale domicilia per la carica in napoli, alla via S. Lucia n. 81, del dott. Sansone Emiddio, quale commissario prefettizio presso la u.s.l. n. 53 in Salerno, rappresentato e difeso dall'avvocatura dello Stato, con intervento adesivo di D'Aniello Ennio, rappresentato - in forza di mandato a margine dell'atto di costituzione in giudizio - dagli avv.ti Eugenio Cannada Bartoli e Gaetano Paolino, con i quali domicilia elettiamente in Salerno, alla via Roma n. 61, e di Rainone Mario, rappresentato e difeso - in forza di mandato a margine dell'atto di costituzione in giudizio - dagli avv.ti Giovanni Motzo e Francesco Lanocita, nello studio del secondo elettivamente domiciliato in Salerno, alla via Roma n. 61, per l'annullamento previa sospensiva, del decreto prefettizio 13 agosto 1987 n. 13.9.1126/Gab., con il quale e' stata disposta la sospensione della assemblea dell'associazione intercomunale e del comitato di gestione della u.s.l. n. 53 di Salerno, e nominato nel contempo il dott. Emiddio Sansone commissario prefettizio per la provvisoria gestione della u.s.l.; in una agli atti presupposti, connessi e conseguenti. Visto il ricorso ed i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della avvocatura dello Stato, dell'avvocatura regionale e dei predetti intervenienti; Vista la ordinanza della sezione, 27 agosto 1987, n. 510, confermata in appello con ordinanza del Consiglio di Stato 4a sez., 24 novembre 1987, n. 703; Viste le memorie prodotte dalle parti, a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti di causa; Udita alla pubblica udienza dell'8 febbraio 1990 la relazione del cons. Orrei; Uditi altresi', per le parti, l'avv. Gaetano Paolino, per se' e con delega degli avv.ti Lanocita, e l'avv. dello Stato Roberto Gugliucci. RITENUTO IN FATTO Con ricorso notificato il 24 agosto 1987 - unitamente al decreto presidenziale di abbreviazione dei termini, ex art. 36 r.d. 17 agosto 1907, n. 642 - e depositato in segreteria il 26 succ. i sig.ri Plinio Caggiano e Wilma Tabano, componenti del comitato di gestione della u.s.l. n. 53 di Salerno, impugnavano chiedendone l'annullamento con contestuale domanda incidentale di sospensiva - il decreto prefettizio indicato in epigrafe, con cui era stata disposta la sospensione dell'assemblea della associazione intercomunale e del comitato di gestione della detta u.s.l., nominando nel contempo il vice prefetto dott. Emiddio Sansone quale commissario prefettizio per la provvisoria gestione della u.s.l. I ricorrenti rappresentavano che l'assemblea aveva respinto il bilancio di previsione per l'anno 1987, proposto dal comitato di gestione; e che il comitato regionale di controllo aveva nominato un commissario per l'approvazione del suddetto documento contabile, a norma dell'art. 21 della legge regionale n. 26/1986. In conseguenza di cio', il prefetto aveva iniziato il procedimento di scioglimento degli organi dell'ente, disponendo - con l'atto impugnato - la sospensisione dei medesimi. Questi i motivi dedotti, a fondamento dell'impugnativa; 1. - Violazione dell'art. 36 della legge regionale n. 57/1980 che attribuirebbe alla regione il controllo sugli organi della u.s.l., in coerenza con la legge regionale n. 29/1986 e con gli art. 117 e 118 della Costituzione, che affidano alle regioni la materia della sanita'; art. 36 che comunque non sarebbe stato impugnato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri davanti alla Corte costituzionale; 2. - Violazione della legge regionale n. 26/1986 e dell'art. 305 del t.u. n. 383/1934, ed eccesso di potere per sviamento: al procedimento previsto dal citato art. 21, in relazione alla nomina del commissario, non potrebbe collegarsi il procedimento fissato dall'art. 305, modificato dall'art. 4 della legge n. 968/1969, norma non applicabile alle u.s.l.; 3. - Violazione dell'art. 49 della legge n. 833/1978, e degli artt. 13, 25 e 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977, poiche' da tali norme non potrebbe ricavarsi - anche in assenza del citato art. 36 - che il controllo sugli organi delle u.s.l. spettasse allo Stato e non alle regioni; 4. - Violazione dell'art. 323 del t.u. n. 148/1915, modificato dall'art. 105 del r.d. n. 2389/1923, ed eccesso di potere per difetto del presupposto e di motivazione: per farsi luogo alla applicazione dell'art. 105 mancherebbero sia i motivi di ordine pubblico sia le persistenti violazioni di obblighi imposti dalla legge sia il "richiamo" nelle forme legali. In data 26 e 27 agosto 1987 si costituivano in giudizio l'avvocatura dello Stato e l'avvocatura regionale; nonche' dispiegavano intervento adesivo i sig.ri D'Aniello Ennio e Rainone Mario, rispettivamente presidente e componente del comitato di gestione della u.s.l. n. 53. Con ordinanza del 27, n. 510, la sezione accoglieva la domanda incidentale di sospensiva; pronuncia confermata in appello, con ordinanza del Consiglio di Stato 4a sez., 24 novembre 1987, n. 703. La difesa attrice e quella resistente depositavano altre memorie, in data 27 gennaio 1990; la prima ribadiva i motivi di ricorso, e la seconda contestava le censure proposte, concludendo per il rigetto del ricorso, ed in subordine eccepiva l'illegittimita' costituzionale del citato art. 36. CONSIDERATO IN DIRITTO (Paragrafo) 1. - Ad integrazione di quanto esposto in narrativa, deve precisarsi che l'impugnato decreto del prefetto di Salerno dispone la sospensione dalle funzioni, dell'assemblea dell'associazione intercomunale e del comitato di gestione della u.s.l. n. 53, sul presupposto che tali organi si sono dimostrati "incapaci di ottemperare ad un preciso adempimento prescritto dalla legge, di carattere essenziale ai fini del funzionamento della amministrazione", in relazione alla mancata approvazione del bilancio di previsione dell'ente per l'anno 1987, approvazione precedente conclusa dal commissario ad acta, che era stato appositamente nominato dal comitato regionale di controllo in Napoli. I ricorrenti Caggiano e Tabano fanno valere in giudizio l'interesse collegato al jusad officium, quali componenti del predetto comitato di gestione, menomato dalla sospensione prefettizia in attesa dello scioglimento da operarsi con decreto del Presidente della Repubblica. Sul piano della legittimita' ordinaria, sono infondati il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso. In ordine logico, deve precedere l'esame del terzo motivo, il quale contesta che l'art. 49 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale) configuri l'applicabilita' alle u.s.l., dello stesso tipo di controlli cui sono soggetti gli enti locali. i ricorrenti sostengono che dal testo di tale norma (quindo comma: "le modificazioni apportate in sede di riordinamento delle autonomie locali alla materia dei controlli sugli atti e sugli organi dei comuni e delle province, si intendono automaticamente estese ai controlli sulle u.s.l.") non si desumerebbe ne' l'ordetta applicabilita' ne' che il controllo sugli organi spetti allo Stato. Siffatta conclusione non sembra peraltro sorretta da alcuna specifica argomentazione, salvo quella che si riferisce sommariamente agli artt. 13, 25 e 27 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, laddove attribuiscono alla regione "l'istituzione, i controlli, la fusione, la soppressione e l'estinzione di enti pubblici locali, operanti nelle materie di cui al presente decreto", e quindi anche delle u.s.l. come enti locali operanti nell'ambito della assistenza sanitaria. Ma deve obbiettarsi che il trasferimento di competenze dallo Stato alle regioni deve pur sempre avvenire nel rispetto dei principi costituzionali, come meglio si vedra' in seguito; e che, tra due interpretazioni possibili in astratto, il giudice deve scegliere quella costituzionalmente legittima. Per il momento, occorre anzitutto rilevare che il citato quinto comma va letto in consonanza con il primo comma dell'art. 49, secondo cui "il controllo sugli atti delle u.s.l. e' esercitato... dai comitati regionali di controllo di cui all'art. 55 dela legge 10 febbraio 1953, n. 62..." con esplicito richiamo alla forma ed alle modalita' del controllo sugli atti dei comuni e delle province. Inoltre, per confutare la detta argomentazione di parte ricorrente, e' sufficiente richiamare la sentenza della Corte costituzionale 5 novembre 1984, n. 245, la quale sul punto afferma esplicitamente (cfr. (Paragrafo) 10 lett. b) che i controlli sugli atti e sugli organi delle u.s.l. seguono puntualmente, in base all'espresso disposto del citato art. 49, secondo comma (divenuto quinto comma, per effetto delle modifiche apportatevi dall'art. 13 della legge n. 181/1982, dall'art. 16 della legge n. 638/1983 e dall'art. 17 della legge n. 887/1984), le sorti dei corrispondenti controlli relativi ai comuni ed alle province, con la conseguenza che i soli controlli sugli atti spettano agli appositi Co.Re.Co., mentre i controlli sugli organi rientrano nella competenza dello Stato. Il che peraltro presuppone, con estrema chiarezza, che il quomodo dei controlli sugli enti locali deve essere nell'attualita' parimenti applicato agli enti sanitari. (Paragrafo) 2. - Con il secondo ed il quarto motivo si deduce rispettivamente la violazione dell'art. 21 della legge regionale 18 agosto 1986, n. 26, e dell'art. 305 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, da un verso, e, dall'altro, dell'art. 323 del t.u. 4 febbbraio 1915, n. 148, modificato dall'art. 105 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839, oltre l'eccesso di potere sotto vari profili. La prima di queste censure nega che dal controllo sostitutivo, posto in essere dal Co.Re.Co. - ai sensi dell'art. 21 citato - per l'approvazione del bilancio preventivo dell'u.s.l., scaturisca la esigenza di procedere allo scioglimento degli organi dell'ente. Il collegio osserva pero' in contrario che il terzo e quarto comma dell'art. 305 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, come modificati dall'art. 4 della legge 22 dicembre 1969, n. 964, prevedono espressamente che, ove i consigli comunali o provinciali non riescano ad approvare il bilancio entro i termini di legge "il prefetto si sostituisce per l'approvazione del bilancio... e si procede allo scioglimento dei consigli stessi a norma di legge". La decadenza degli organi, quindi, e' un effetto indefettibile per la u.s.l., che si sia rivelata non in grado di adempiere a siffatto incombente fondamentale per la gestione dell'ente. Vero e' che in forza dell'art. 21 la competenza, alla nomina del commissario per il predetto adempimento a carattere finanziario, spetta ora alla regione; mentre l'art. 19 del t.u. n. 383/1934 (art. modificato dalla legge 8 marzo 1949, n. 277) conferiva al prefetto anche il potere dell'invio dei commissari, presso le amministrazioni locali, per il compimento degli atti obbligatori per legge, che queste avessero omesso o ritardato, nonche' per la reggenza temporanea delle amministrazioni stesse, comunque impedite al normale funzionamento. Tuttavia trattasi attualmente, nei riguardi delle u.s.l., di una competenza ripartita, fra il presidente della giunta regionale ed il prefetto, la quale non modifica in nulla il principio generale, di cui la norma in esame costituisce un imprescindibile corollario: il controllo sugli organi delle u.s.l. spetta allo Stato, nello stesso modo in cui spetta allo Stato il controllo sugli organi dei comuni, delle province e degli altri beni locali. (Paragrafo) 3. - Con l'altra censura, si denuncia che alla fattispecie in esame non sarebbe applicabile l'art. 105 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839, richiamato invece dal provvedimento prefettizio impugnato, norma che - modificando l'art. 323 del r.d. 4 febbraio 1915, n. 148 - detta una disciplina procedimentale per le ipotesi di scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali: per gravi motivi di ordine pubblico o per inosservanza degli obblighi loro imposti dalla legge, alla cui osservanza siano stati "richiamati", detti consigli vanno sciogli con decreto del Presidente della Repubblica, ed in attesa del decreto di scioglimento il prefetto puo' sospenderli provvedendo alla provvisoria amministrazione, per non oltre due mesi: e' evidente quindi che il prefetto, con l'atto qui gravato, ha fatto applicazione di tale norma al caso di specie, in funzione della piu' volte richiamata estensibilita' (cfr. Consiglio di Stato 4a sez., 28 giugno 1988, n. 554). I ricorrenti viceversa sostengono l'inapplicabilita' delle norme citate, sopratutto sul presupposto che sarebbe mancato il doveroso "richiamo", per l'approvazione del bilancio, con la puntuale comminatoria di scioglimento, obbligatoria - a loro dire - anche per l'art. 305 del t.u. n. 383/1934. L'assunto e' inesatto. Ed invero, in primo luogo, la diffida risulta notificata a ciascun componente dell'assemblea dell'associazione intercomunale, da parte del Co.Re.Co., con l'espressa avvertenza che "decorso infruttuoso l'ulteriore termine di venti giorni dalla ricezione della diffida stessa, l'eventuale inadempienza avrebbe comportato la nomina del commissario ad acta per l'approvazione del bilancio", completata - come afferma il decreto del Co.Re.Co., di nomina del commissario dott. Pennino, 28 luglio 1987, n. 168/86/R - con l'avviso della "segnalazione alla competente prefettura per i provvedimenti successivi e conseguenziali, previsti dal legislatore": cio' che dimostra altresi' che anche l'organo regionale di controllo era convinto del tipo di conseguenze che sarebbero derivate dalla persistente inadempienza degli organi della u.s.l. In secondo luogo, nelle norme citate si fa riferimento all'obbligatorio "richiamo", ma non si fa cenno alcuno ad una comminatoria, quale pretesa dai ricorrenti. Gia' nel 1980, il Consiglio di Stato (parere 2a sez., 6 febbraio 1980, n. 1304, in "Il Cons. di Stato" 1982, 1a, pag. 1056), nell'affermare che gli artt. 323 e 324 del t.u. n. 148/1915 sono espressione di un principio generale applicabile ad altri enti pubblici, significava che, per quanto concerne il procedimento da seguire per lo scioglimento e la contestuale nomina del commissario, trattandosi di provvedimento sanzionatorio, questo deve essere preceduto, in base ai principi, dalla sola contestazione degli inconvenienti rilevati, accompagnata dall'invito ad eliminarli, rimasto senza seguito: la successiva incidenza sulla vita degli organi dell'ente, quindi, ne costituisce un effetto legale, il quale, non postulando alcuna ulteriore manifestazione di discrezionalita' da parte dell'organo titolare del controllo, non abbisogna nemmeno di una specifica formale avvertenza. (Paragrafo) 4. - Anche infondata e' un'altra censura, proposta dall'interveniente ad adiuvandum, dott. Ennio D'Aniello, presidente della u.s.l. n. 53, che si esamina per completezza di motivazione, a prescindere dalla dubbia ammissibilita' di questo intervento, come dell'altro, pure adesivo, dispiegato dal sig. Mario Rainone, nella qualita' di componente del comitato di gestione dello stesso ente. A parte che nessuno dei due atti di intervento risulta notificato alla regione Campania, certamente parte necessaria nel giudizio de quo, dato che la regione - come anche gli stessi intervenienti sostengono - sarebbe titolare di un potere autonomo di controllo sugli organi della u.s.l., che l'impugnato decreto prefettizio avrebbe in sostanza illegittimamente conculcato; a parte cio', la posizione giuridica di costoro appare identica a quella dei ricorrenti Caggiano e Tabano, componenti del medesimo comitato di gestione, e quindi semmai doveva essere tutelata in giudizio mediante un ricorso principale, cui gli stessi sarebbero stati legittimati, e non mediante un atto d'intervento, il quale viceversa presuppone come e' noto - l'esistenza di un interesse, nel soggetto attivo, soltanto riflesso ed indiretto (cfr. da ultimo, Consiglio di Stato sez. 6a, 27 maggio 1988, n. 725). Detta censura deduce l'eccesso di potere per illogicita', atteso che l'atto prefettizio aveva sospeso l'assemblea ed il comitato, ma non il presidente. Esattamente l'avvocatura erariale rileva l'ininfluenza del motivo sulla legittimita' dell'atto impugnato: il presidente trae la sua investitura dall'assemblea e dal comitato di gestione, la sospensione dei quali paralizza l'attivita' dell'ente e, nel contempo, del suo presidente, poiche' tutte le funzioni di quest'ultimo sono collegate con quelle dei predetti organi, ai sensi dell'art. 15 della legge n. 833/1978 e degli artt. 24 e 25 della legge regionale 9 giugno 1980, n. 57, nonche' dell'articolo unico della recente legge 15 gennaio 1986, n. 4, con la legge regionale di attuazione 3 novembre 1986, n. 29. Le quali norme non conferiscono al presidente alcun compito particolare ne' alcuna competenza esclusiva, ma solo, come funzioni proprie, quelle di presiedere gli organi collegiali e di rappresentare all'esterno la u.s.l., nel suo complesso. Pertanto, lo scioglimento degli organi collegiali determina l'automatica decadenza anche dell'organo monocratico, pur se non specificamente considerato nel provvedimento prefettizio. Il quale non per questo puo' dirsi compromesso nella sua legittimita', avendo perfettamente raggiunto il suo scopo secondo il paradigma legislativo, senza peraltro pregiudicare in nulla i diritti di difesa di chi se ne reputa leso. (Paragrafo) 5 - Residua il primo motivo di ricorso, con il quale si denuncia che il decreto prefettizio avrebbe violato l'art. 36 della legge regionale n. 57/1980, il quale - nel secondo comma - prevede che "in caso di impossibilita' di costituzione e ricostituzione degli organi della u.s.l., o di gravi inadempienze funzionali, il presidente della giunta regionale, sentita la competente commissione permanente consiliare e su conforme deliberazione della giunta regionale, decreta lo scioglimento degli organi della u.s.l. e nomina un commissario per assicurare la regolarita' della gestione, sino all'insediamento dei nuovi organi che dovra' avvenire entro sei mesi". La censura e' articolata nel senso che, in linea di principio, la pateria della sanita', compresi i relativi controlli, sarebbe affidata alla competenza legislativa ed amministrativa delle regioni, a norma degli articoli 117 e 118 della Costituzione; e quindi sussisterebbe la competenza regionale anche per quel che concerne i controlli sugli organi, principio questo che nella regione Campania troverebbe il suo referente legislativo nella surriferita disposizione dell'art. 36; la quale - non impugnata dal Governo, ex art. 127 della Costituzione - sarebbe perfettamente in linea con il principio suddetto. L'avvocatura dello Stato ha sollevato in subordine l'eccezione di illegittimita' costituzionale della citata disposizione, per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, eccezione che il collegio condivide. Va chiarito pero' che tale eccezione coinvolge puntualmente il solo secondo comma dell'art. 36, giacche' e' evidente che il primo comma ("In caso di inerzia o di inadempienza degli organi dell'u.s.l., la giunta regionale provvede alla nomina di un commissario per i necessari adempimenti") si riferisce a modalita' di attuazione del controllo sugli atti, che nella presente fattispecie non determinano alcun contrasto. D'altronde, il detto primo comma risulta ormai abrogato dalla legge regionale 18 agosto 1986, n. 26 ("nuova disciplina delle funzioni di controllo sugli atti degli enti locali"), che attribuisce il controllo sostitutivo sugli atti ai comitati regionali di controllo. Quanto alla rilevanza sul giudizio in corso, della proposta questione, e quindi alla sua ammissibilita', deve notarsi che la sorte del ricorso in esame, a causa della ritenuta infondatezza di tutti i motivi di gravame sopra esaminati, resta collegata a questa ultima censura: effettivamente l'art. 36 impedisce al prefetto l'esercizio del potere manifestato, nella specie, tramite il provvedimento impugnato, il quale per cio' stesso sarebbe inevitabilmente illegittimo. Deve aggiungersi ancora - sotto il profilo della rilevanza - che il collegio non condivide l'argomentazione esposta dalla difesa erariale in via primaria, avverso detta censura; che cioe' l'art. 36 della legge regionale n. 57 dovrebbe considerarsi tacitamente abrogato, ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni preliminari al cod. civile, in forza dell'art. 11 della legge 11 novembre 1983, n. 638 (misure urgenti in materia sanitaria), il quale, posteriore alla legge regionale, avrebbe confermato l'attribuzione allo Stato dei controlli sugli organi delle u.s.l., cosi' vanificando il contrario precetto regionale. Ma il decimo comma di detto art. 11 modifica l'art. 13 della legge 26 aprile 1982, n. 181 (legge finanziaria 1982), nel senso di prevedere un generale potere sostitutivo delle regioni nei confronti delle u.s.l., in materia di verifica e contenimento della spesa sanitaria, in relazione ad atti che debbano essere compiuti perche' discendenti o da obblighi normativamente imposti o da direttive adottate nell'ambito della funzione di indirizzo e coordinamento (cfr. Corte costituzionale 10 giugno 1988, n. 613). In conclusione, trattasi di disposizioni pur sempre circoscritte al potere di controllo sugli atti - che e' di competenza della regione -, e quindi disomogenee, per contenuto e forma, rispetto a quella di cui si pretenderebbe verificata l'abrogazione. Infatti si ammette in via generale che il controllo sugli atti comprenda anche quello che si esercita sulla legittimita' della omessa emanazione di uno di essi, allorquando sarebbe obbligatorio effettuarla, e comporti la conseguente sostituzione, nell'esercizio del potere corrispondente, da parte dell'organo di controllo, a quello dell'ente rimasto inattivo (cfr. Corte costituzionale 28 novembre 1972, n. 164). (Paragrafo) 6. - Quanto alla non manifesta infondatezza delle questione, occorre premettere che la circostanza della mancata impugnativa, da parte del Governo ex art. 127 della Costituzione, della norma regionale che qui si sospetta di incostituzionalita', non impedisce al giudice di sollevare - d'ufficio o su istanza di parte - la relativa questione, in via incidentale, nel giudizio in corso (cfr. per un riferimento sul punto: Corte costituzionale, 19 febbraio 1976, n. 38). Anzi, nel caso di specie, la proposizione dell'incidente - come precisato dalla avvocatura erariale - appare piu' che mai doverosa dato che "il Governo aveva espresso il proprio assenso nell'intesa che la regione avrebbe provveduto a modificare l'art. 36, che disciplina il controllo delle unita' sanitarie, in conformita' alla disciplina dei controlli sui comuni e province, richiamata dall'art. 49 della legge statale 23 dicembre 1978, n. 833" (v. agli atti: nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipart. aa. regionali 7 settembre 1983, n. 200/7806/41.3.23); intesa, a quanto pare, mai onorata. Nella sostanza della questione, al collegio appare ragionevole il dubbio che la norma in argomento violi, in primo luogo, il principio costituzionale risalente all'art. 117 della Costituzione, secondo cui alle regioni e' consentito di emanare norme legislative, anche nella materia della assistenza sanitaria (che qui interessa) ma "nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato". Orbene, il principio fondamentale stabilito nella materia in argomento da una legge dello Stato, e' quello del piu' volte citato art. 49, primo e quinto comma, della legge n. 833/1978: la quale e' anzitutto una legge-quadro che, istituendo il Servizio sanitario nazionale, ha attuato una radicale riforma economico-sociale dell'assistenza sanitaria in italia (cfr. Corte costituzionale, 7 aprile 1987, n. 107; 10 marzo 1988, n. 274). Ed il principio in essa sancito, a proposito dei controlli sulle u.s.l., si discosta nettamente dal precedente ordinamento sanitario, nell'ambito del quale i consigli d'amministrazione degli enti ospedalieri potevano essere sciolti con decreto motivato del presidente della regione previa deliberazione della giunta (art. 17 della legge n. 132/1968). Siccome fortemente innovativo del pregresso criterio, quello ora introdotto assurge certamente a dignita' di principio qualificante della riforma, e quindi fondamentale e di generale applicazione in ordine al riparto tra le competenze statali e regionali sui controlli, cui le regioni non possono legittimamente derogare, ai sensi del richiamato art. 117, nemmeno con proprie norme legislative. In secondo luogo, il collegio ritiene che il secondo comma dell'art. 36 si ponga in contrasto, sotto un duplice profilo, anche con il combinato disposto degli articoli 118 e 130 della Costituzione. Ed invero, da un verso, l'intera materia dei controlli sugli enti locali, su tutti gli enti locali, non risulta attribuita ad alcuna tra le competenze normative regionali (cfr. Corte costituzionale, 3 marzo 1972, n. 40 - (Paragrafo) 9), ne' e' materia statutaria perche' chiaramente non rientrante nella "organizzazione interna delle regioni" (art. 123 della Costituzione), ne' puo' ritenersi implicitamente compresa in una materia piu' ampia (nella specie, l'assistenza sanitaria) tra quelle dell'art. 117, trattandosi di un tema avente grande rilevanza esterna, ed incidente sull'ordinamento giuridico statale; mentre non e' concepibile l'attribuzione di specifiche competenze legislative regionali che non siano tassativamente stabilite nella Costituzione o in altre leggi costituzionali; ed in piu', la materia di questi controlli e' costituzionalmente protetta dalla riserva di "legge della Repubblica", di cui all'art. 130, perfino nella formazione dell'organo, anche se definito "della regione", all'uopo deputato. D'altro verso, la competenza di siffatto organo regionale e' comunque limitata, ai sensi del citato art. 130, al "controllo di legittimita' sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali", poiche' il potere di disporre la decadenza sanzionatoria dell'organo, o la surroga dell'organo temporaneamente carente del suo titolare (cioe', controllo sugli organi), e' espressione di un potere politico di sovranita' che la Costituzione ha scelto di lasciare nella esclusiva competenza dello Stato. Orbene, ad avviso del collegio, l'art. 36, secondo comma, della legge regionale n. 57, viola altresi' le ora richiamate disposizioni costituzionali, perche' concerne materia sottratta, in linea generale, alla potesta' normativa regionale, ed in ogni caso perche' intende attribuire, in particolare, alla giunta regionale un tipo di controllo - quello sugli organi - che la Costituzione ha escluso in radice dalla tematica delle attribuzioni regionali (v. sentenza della Corte citata, n. 245/1984 e n. 613/1988). Per le esposte considerazioni, la accennata questione non e' manifestamente infondata, e pertanto occorre disporre la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.